sabato 4 settembre 2010

Il call center che è in me

Dovrei parlare di scuola, visto che il gran rientro è iniziato e già le prime arrabbiature e quel senso di vergogna, mista a impotenza, mi hanno guastato due pomeriggi. Ma non dirò i particolari, non parlerò di Suor Terry, di Primadonna, della Balena, del Ginnico Fancazzista, del Precario Saccente ecc. Dei bacetti sulle guancette abbronzate, degli sbadigli del primo collegio, delle vacue discussioni su problemi sempre più inesistenti (dove mettiamo le verifiche, le uscite da mezza giornata o da una giornata), perché quest'anno ho deciso che dedicherò meno bile alla scuola, se ce la faccio, meno chiacchiere da corridoio, meno quarti d'ora in sala prof, meno ... basta. Per il resto del lavoro nulla posso tagliare, anzi devo essere più produttiva e più efficiente nell'imparare ciò che devo.
Allora niente scuola, parlerò di una mia insana tendenza a farmi infinocchiare dai venditori telefonici, soprattutto quelli di servizi, ma sto peggiorando. Sono infatti arrivata ad accettare un appuntamento coi venditori di tappeti. Per poi farmi sgridare da Technoco che deve rimediare ai miei improvvidi rendez vous. Mi tocca poi non farmi trovare a casa, spiare dalla finestra, per non aprire a chi ha suonato il citofono, per vedere se sono loro che vengono a mostrarmi il tappeto o lavarmelo con l'ultimo ritrovato tecnologico in fatto di pulizia domestica. Non so dire no al venditore telefonico. Saranno i dieci anni di lavori precari che non ho dimenticato a impietosirmi...

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