giovedì 1 settembre 2011

La terza età del camping



Meglio tardi che mai. Non è mai troppo tardi. Chi tardi arriva male alloggia. Ecco nel mio caso, tra i luogi comuni di cui ammanto la mia vita, l'ultimo non si addice alla mia vacanza sarda en plein air. Nel senso che abbiamo, contro ogni previsione, alloggiato bene. Tra le cose che mi sono capitate tardi, la vacanza in campeggio non c'è. Grazie alla mia vecchia amica Patti, la vacanza in tenda fu abbastanza precoce, in giro per la Grecia con la sua Diane, dalla Calcidica al Peloponneso. Poi Spagna con il moroso del tempo andato, poi in Sicilia, e anche in Toscana non molto tenpo fa con Technoco, prima di sposarlo. E forse avrei dovuto capire allora che non era in cima ai suoi desideri riposare in tenda per due settimane a pochi passi dal mare. Ma siccome lui a me non dice mai di no, o almeno così sostiene lui, si è sacrificato una volta di più. Siamo partiti con la tenda a casetta dei suoceri, dismessa negli anni Ottanta ma in perfette condizioni, che pesava circa 150 chili e occupava oltre metà bagagliaio; il frigo della zia ex campeggiatrice, poche altre cose e tanto tanto scetticismo, suo, timore di non essere più adatta all'impresa, mio. Oltre all'entusiasmo del resto della comitiva, bambine soprattutto. Salto il preambolo del montaggio tenda (dignitoso) e della disposizione dell'inconsistente equipaggiamento(penoso).
Vengo al tema che mi è caro, cioè quanto ci metto io a capire e fare le cose: la prima mattina mi alzo all'alba, che mi si manifesta appena metto il naso fuori dalla tenda. Ed era tanto che non ne vedevo una sul mare. Ascolto il silenzio accompagnato al lieve sciabordio delle onde. Pochi passi e sono in riva al mare. L'aria è frizzante, la spiaggia bianca e deserta, la sabbia fresca e morbida. Il mare è incolore, bisogna aspettare che i raggi siano più diretti perché il turchese inizi a mostrarsi nelle sue sfumature. Mi avvio lungo la battigia, con i piedi nell'acqua fredda del mattino. Per molto tempo ho desiderato una passeggiata mattutina in spiaggia. Desideri semplici, ma per un motivo o per l'altro irrealizzati. Cammino, a lungo, anche se un po' il ginocchio mi duole, mi godo le piccole onde che mi massaggiano le caviglie. Mi ritorna alla mente il ricordo di un'altra spiaggia, sempre con la cara vecchia Patti: altri anni e latitudini, altri colori e odori, uguale bellezza, uguale la perfezione del momento, allora era però un tramonto. Questo ho sempre voluto da una vacanza al mare, o cacchio, ma com'è che non ci avevo pensato! E questo è l'unico modo per averla. In tenda, in un campeggio sul mare. Questa è una cosa che probabilmente quelli della mia generazione hanno realizzato non appena finito il liceo (per poi passare le mattine in tenda storditi dalle canne della sera precedente), magari anche io l'avevo capito. Poi l'ho scordato, chissà, e per molto tempo ho vagheggiato questo momento. Magari è solo il vezzo della nostalgia, ho fatto tante bellissime vacanze in tutti questi anni. O magari è l'idea del campeggio che porta con sè il mito della giovinezza. Comunque, per diverse mattine mi sono beata di questo semplice comfort naturale. La spiaggia si animava poco a poco di jogger e signore di tutte le taglie, tutti erano alla ricerca del benessere e tutti sembravano contenti.

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