mercoledì 25 aprile 2012

La Resistenza in classe

25 aprile a casa. L'idea di andare in manifestazione non mi ha sfiorato, mi sento ora un po' lontana dal lieto e rumoroso marciare in piazza. Sono un po' stanca e me ne dispiaccio. Ieri però, nell'ora di cittadinanza, ho voluto riflettere in classe su questa ricorrenza, almeno per capire se sanno perché si sta a casa da scuola. Ho voluto leggere ai ragazzi qualche lettera dei condannati a morte della Resistenza. Avrei voluto accompagnare la lettura con immagini, che su di loro hanno un magico potere. Ma la lavagna è rotta e non ho fatto in tempo a trovare qualche lettura fatta da un professionista, che riuscisse a far vibrare il cuore delle creature, l'ultimo momento di un condannato alla fucilazione dai nazifascisti. Mi sono affidata a me stessa, mi sentivo abbastanza ispirata. Volevo passare loro l'idea che qualcuno si è sacrificato per noi, per loro, per lasciarci un paese libero dalla dittatura. Impresa ardua. Non so dove ho sbagliato. E non so se sia giusto che mi debba sempre sentire in colpa, se qualcosa non va per il verso giusto. Fatto sta che gli unici commenti sono stati "poverino" e "perché i tedeschi che erano nostri alleati uccidevano gli italiani?", tre secondi dopo aver parlato dell'8 settembre. Eppure avevano iniziato bene, qualcuno ha riportato i racconti dei nonni partigiani o reduci della ritirata di Russia. Ma sono stati fuochi di paglia. La noia ha vinto ancora una volta. Al secondo sbadiglio ho iniziato a irritarmi, poi alla mia destra il Grezzo G. ghignava con non so chi e mimava con la penna una mitraglietta. Mi stavo già lanciando in un'invettiva, mentre alla mia sinistra il Perfido, ora detto Wikipedia, rifletteva ad alta voce: "Si staranno rivoltando nella tomba"... Così mi sono accontentata di questo sconsolato commento e l'ho fatto mio. La stanchezza, ancora una volta, ha avuto il sopravvento sull'indignazione. La mia classe, metafora della nazione?

Nessun commento:

Posta un commento