martedì 17 luglio 2012

Piedra de tartera

Il libro che ho appena finito di leggere è un romanzo breve e intenso. Per timidezza o pigrizia non parlo mai dei libri che leggo, del resto sono così pochi in questi ultimi anni in cui Mafalda si è impossessata, me senziente e contenta, del mio tempo. Ma questa volta urge, perché il racconto in questione è un gioiello.
Come una pietra che rotola (scarsa fantasia della traduzione, Piedra de tartera in catalano), è uscito in Spagna nel 1985, ma ne è ripresa la pubblicazione dopo il successo ottenuto anche in altri paesi. Io me lo sono ritrovato tra le mani per caso e non perché fra poco partirò per la Catalogna e mi interessasse particolarmente uno sguardo sulla letteratura di quella regione, che pure mi ha dato tanto piacere a suo tempo con Montalban e Eduardo Mendoza, autori che però scrivevano in castigliano.
Maria Barbal è un'insegnante (toh...) e una narratrice che ha il dono di avvolgere il lettore con una scrittura leggera e pulita, tracciando una storia semplice ma ricca, triste ma non dolente. Ho provato la stessa sensazione di armonia e grandezza al cospetto del Rigoni Stern de La storia di Tonle, con le dovute differenze di stile e il rispetto per quello scrittore che secondo me ha toccato vette davvero notevoli.

La narrazione è veloce e accelera man mano che avanzano gli anni. Conxa è una bambina che viene mandata a vivere dagli zii, come si faceva spesso un tempo nelle campagne quando la famiglia non aveva i mezzi per crescere le figlie, specie le più piccole.
Nella casa degli zii, sui Pirenei, non tarda a entrare nel contesto del villaggio e impara ad amare la terra, un amore che le fa dimenticare la fatica, la famiglia che ha lasciato, che la sostiene con il ritmo delle stagioni, sempre uguali, ciascuna con i diversi lavori, che lei compie con vigore, senza rassegnazione.
L'amore vero, quello di una vita, lo incontra in Jaume, simpatico e amorevole, sincero e idealista. Il matrimonio, i tre figli, la casa, i campi, il paese, gli zii che invecchiano. I giorni, nella durezza del quotidiano, scorrono in una armonia e semplicità che sovrasta il tutto. Sto rendendo la storia un po' banale, come può essere banale un'esistenza. Ma questa è la forza del racconto, la bellezza nella ordinarietà di una vita, in cui tutto, gioie e dolori, si avvicenda in modo naturale.
Finché avviene ciò che ordinario non è: l'evento straordinario irrompe insieme alla Storia, quella con la S maiuscola.
Conxa non si avventura a pensare a ciò che avviene lontano dai suoi occhi, lei è abituata a pensare solo a quello che vede. Ma Jaume no, è un uomo e osa pensare e sperare, come lei, donna, non sa fare. Lui spera, quando arriva la Repubblica, che le cose in quel mondo immobile finalmente cambino, perchè esse non sono immutabili, stabilite dall'ordine divino, come è invece nelle parole del parroco dal pulpito.
Questa speranza diviene coinvolgimento politico e quindi, con la vittoria dei militari, sfocia in tragedia.
Il disastro di un intero paese entra nella casa di Conxa, lei dapprima ne viene travolta, ma alla fine resiste.
Il dolore per la morte di Jaume lavora su di lei e la stacca piano piano dalle cose. La vita va avanti, i figli si sposano e vanno via, la modernità avanza, la campagna si spopola e con la vecchiaia anche per Conxa c'è l'approdo in città.
Bellissimo il ritratto flash di Barcellona nelle ultimissime pagine: "Barcellona è un pane piccolo che finisce ogni giorno, il latte in bottiglia, bianchissimo e senza panna e con un sapore leggero."
Che diventa il ritratto di sé stessa, sradicata e abbarbicata al ricordo: "Barcellona è imparare a tacere sempre più spesso, finché non mi fanno una domanda. Barcellona di notte è una fuga ogni giorno. Comincia con un lungo rumore di ascensore e galoppa per boschi e sentieri."

Una vita quella di Conxa non eroica né speciale, non anticonformista né ribelle, una vita però in cui i sentimenti sono profondi, lo sguardo sulle cose acuto e sensibile nell'ingenuità della protagonista, il rapporto con la natura intenso.
C'è molto nel libro, la bellezza interiore di Conxa e quello esteriore del mondo che la circonda, una critica sociale non sbandierata, un inno alle donne, alla loro forza, saggezza e centralità nella Storia.
Tutto in una prosa piana e diretta, ma disseminata di accenti poetici, che pur nella rapidità del racconto disegna con precisione ambienti e personaggi.


Un giorno forse capirò perché le storie dei contadini mi toccano e mi suonano familiari: forse perché mi riportano all'infanzia, a una brevissima vacanza passata in campagna nella casa di zii materni, che mi ha profondamente impressionato. O forse perché una delle mie vite precedenti è stata vissuta in un qualche villaggio rurale...
Fatto sta che l'odore di erba buona tagliata mi commuove e il pizzicore del fieno sulla pelle è un ricordo vivo.

Alla base è la potenza della Storia grande che scorre nelle storie quotidiane di noi piccoli che rende questo racconto così vitale.


Maria Barbal, Come una pietra che rotola, Marcos y Marcos.

3 commenti:

  1. Bello. Sento che dovrebbe piacermi. E poi Marcos y Marcos di solito è una garanzia.

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