giovedì 30 agosto 2012

Scuola in TV

Ieri sera avevo voglia di vedere un po' di televisione, dopo un paio di mesi di black out. Sfrattata Mafalda coi suoi orribili fantagenitori, mi stravacco sul divano per gustarmi una mezzoretta di zapping. Invece incappo nel nasone di Vecchioni, che sta amabilmente concionando dei ragazzini seduti compostamente in banchi d'antan, di quelli doppi con i sedili attaccati, che lo seguono con lo sguardo rapito.
Tuttinclasse, si intitola la trasmissione. Si sono accesi i riflettori, addirittura con una prima serata televisiva: si parte! E' ora di scuola.
Per cui parliamone, diciamo quanto è importante, quanta parte ha avuto nella costruzione del paese. Raccontiamone la storia. Raitre lo fa con un taglio storico, aspettiamo Vespa. Dalla Gelmini in poi, quello della scuola in tv è stato un tema su cui litigare, molto telegenico.
Non so se anche lo scorso anno abbiano confezionato un programma simile per l'inizio dell'anno scolastico, forse sì e non lo ricordo. Quello che non è mai mancato, anno dopo anno, da quando c'è la televisione in Italia, è il servizio dei tg sul primo giorno di scuola.
La trasmissione è carina, a parte il melenso conduttore professore, che purtroppo non ho mai potuto soffrire e che ripete alla nausea che la scuola non serve a istruire (almeno avesse aggiunto un "solo" a istruire), ma a stare insieme, a parlare, ad avere amici, a insegnare ad amare la vita e, infine, ad "avercela con qualcuno". Voleva fare l'apologia della contestazione, ma gli è uscita male. Insomma, mi pare che abbia ha tirato fuori il repertorio del prof di sinistra della sua generazione. Vabbè... Non è il contenuto in sé che mi infastidisce, ma il modo.
Per fortuna, per larga parte la trasmissione è tenuta in piedi con filmati d'epoca e gli interventi del prof Vecchioni sono abbastanza limitati.
Nulla di nuovo, l'intento è didascalico e ci si rivolge probabilmente al vasto pubblico, mezza Italia, che fra pochi giorni entrerà nel vortice di inizio anno.
Documenti storici, cinegiornali, spezzoni di inchieste che messi infila compongono una narrazione interessante, semplice e sintetica, per forza di cose, però non priva di spunti  anche per gli addetti ai lavori.

Mi sono persa la prima parte, per cui probabilmente la parte riguardante l'Unità e il primo Novecento. Poi il fascismo e le leggi razziali, la ripresa del dopoguerra, lo sforzo titanico per far ripartire la scuola e la defascistizzazione, le riforme, il Sessantotto, Barbiana e gli anni Settanta, coi decreti delegati.

Alla fine, siccome non c'era più tempo, si è liquidato il trentennio successivo con "poi  c'è la scuola di oggi, la nostra scuola". Come se l'evoluzione della scuola, che seppure lenta c'è stata, fosse finita negli anni Settanta. Di cose da dire ce n'erano altre, forse un po' più attuali.
Mi è sembrato un taglio un po' sessantottino e un po' banale.

La riflessione sulla scuola, a quanto si vede dal collage di documenti visivi, è sempre stata centrale nella nostro dibattito culturale. Se ne è sempre parlato tanto e stupisce (o forse no) che i discorsi che si facevano decenni fa siano ancora talvolta attuali. Scopro ad esempio che di caduta di autorità dei maestri si parlava già negli Cinquanta.
Ma si vede un'Italia che non c'è più: la maestrina che si fa sei chilometri a piedi per andare a insegnare in una classe di pochi bambini, una scuola di montagna con un'alunna sola, la nonnina analfabeta che ha imparato a leggere con il maestro Manzi.

Parlando della presunta vocazione femminile all'insegnamento (secondo la mai del tutto tramontata visione democristiana della scuola) concetto che l'inchiesta sembrava voler smontare, si vede una carrellata di giovani studentesse universitarie che dichiarano la propria scarsa passione per le facoltà che guidano alla professione docente, scelta solo perché lascia molto tempo da dedicare alla famiglia. Ecco, sessantanni fa il problema era già evidente: la femminilizzazione della professione, la scelta di mantenere basse le retribuzioni, proprio perché ritenuto un mestiere per donne.
Ci scrolleremo mai di dosso questa piaga? Io ho colleghe poco più che trentenni che sostengono ancora la stessa solfa.
Comunque, il countdown è cominciato.


9 commenti:

  1. ho visto anch'io la trasmissione, scocciata dall'ecumenismo di Vecchioni: se la scuola serve a tutte quelle - bellissime - altre cose e non ad istruire, beh, allora smantelliamo le scuole e andiamo tutti dai boy-scout, all'oratorio, nei centri sociali, a fare volontariato.
    la goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, è stata la solita edulcorazione di Don Milani.
    e quindi, alla fine della II parte, ho spento.

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  2. Io sono arrivata alla fine, ti sei persa quella del serve a "imparare ad avercela con qualcuno" e lo sbrodolamento sul 68...

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  3. Io ieri sera ho rivisto Il grande dittatore. Mi sa che mi è andata meglio :-)

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    1. Chi ? Ma non era tornato ad Arcore ? Gira ancora per Roma, invece?

      Anonimo SQ

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  4. Charlie Chaplin vs Vecchioni. Non c'è partita :-)

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  5. c'ero anche io tra gli spettatori, io che amo Vecchioni ma quando canta e al massimo quando parla tra una canzone e l'altra.
    Mi diverto sempre con quei filmati delle Teche, gioco a fare confronti e non sempre sono confortanti. Di una cosa sono certa come il filo della trasmissione sembrava suggerirmi: che dagli anni 80 in poi -dalla Milano da bere, insomma come ho già detto sul mio blog- l'investimento sull'importanza della formazione pubblica per crescere come stato e come cittadini è terminato. E' un dato politico incontrovertibile. E la trasmissione poteva leggersi così.

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  6. Anche a me i filmati delle Teche piacciono tanto e di volta in volta volta mi rimandano quanto siamo cambiati e quanto siamo in fondo sempre gli stessi. Può essere che l'intento della trasmissione fosse quello, di fatto l'epoca delle grandi riforme è finita ed è iniziata la controriforma. A parole, questo governo un minimo di accento sembra averlo rimesso. Aspettiamo i fatti...

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  7. Colgo, con molto ritardo, lo spunto della tua ultima parte di post, perché mi pare molto importante. Per dire che concordo moltissimo. Tutte le mie colleghe mogli e madri con pochissime eccezioni (direi una, sostanzialmente, su una scuola di 1500 studenti) sono, in parte o in tutto, gente prestata alla scuola per poter cavare del tempo per la famiglia. Tutte.Tranne.Una.
    Questo è il problema della scuola, oggi come ieri. E finché non saremo capaci di risolverlo, non riusciremo mai ad avere un'istruzione spina dorsale del paese.

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    1. Nella mia scuola forse la percentuale è leggermente più alta, anche se alle medie la tendenza è ancora più decisamente quella. Spesso mi ritrovo a conversare con le colleghe, dicendo che vorrei avere un ufficio a scuola e starci otto ore per fare tutto il lavoro che comunque svolgo a casa. Lo sguardo che mi rivolgono assomiglia molto a un cippirimerlo...

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