mercoledì 27 luglio 2011

Potenza del predicato nominale

Ci sono i campionati di nuoto, un aiuto in caso di maltempo prolungato. Ma, dopo due ore di ipnosi davanti alla televisione, altre due davanti al portatile per il cartone quotidiano, vengo presa dallo scrupolo.
"Cosa ne dici di leggere un capitolo del libro?"
"Te-lo-scordi".
"Ricordati che dobbiamo finire i compiti di italiano..."
"Vabbene!"



All'inizio appare ben disposta, ma ormai ho imparato a diffidare, basta un niente per farle cambiare umore. Dal minimo stop che la possa contrariare, scaturisce il finimomdo. Ad esempio, da un predicato nominale si può arrivare in un battibaleno alla lapidaria affermazione che ogni mamma adottiva si aspetta, o almeno dovrebbe aspettarsi, fin dall'inizio: "Tanto tu non sei la mia vera mamma!" Con rabbia e una certa freddezza. Oddio il predicato nominale è una brutta bestia, da qualche anno i ragazzi a scuola fanno fatica a capire o a ricordare la differenza con il predicato verbale. Per cui non mi preoccupo del fatto che lei non lo sappia in quinta elementare. Del resto, anche se in generale ai verbi ci tengo molto, mi rendo conto che non sono una nostra priorità al momento, men che meno l'analisi logica. Ma non voglio che non ci si impegni per niente.
Deve capire quando il verbo essere è copula e quando è ausiliare. Penso subito ai miei di seconda, che questa cosa ancora non la maneggiano in sicurezza e mi chiedo che se abbia senso in quinta elementare oppure se la scuola media in cui andrà è frequentata da geni. E in ultima analisi, mi chiedo come sempre a cosa servirà a lei e migliaia di altri. Ma non è una cosa su cui, da prof di italiano, posso indugiare.
"Ma hai capito la differenza tra il predicato verbale e il predicato nominale?"
"Che pizza! Il predicato nominale è composto dal verbo e da ... gne gne gne..." E mi guarda con aria di sfida. Mi spazientisco, ma neanche più di tanto, mi alzo e le dico che quando avrà voglia di fare il suo lavoro, mi può chiamare e io sarò disponibile. Più o meno. Lei sbatte il quaderno sul tavolo e sbotta con la fatidica frase: "Tanto tu non sei la mia VERA mamma". Ci siamo, prima o poi doveva arrivare. Che le rispondo? Sì, lo so cosa devo dire, la lezione l'abbiamo imparata tutti già agli inizi del corso. Solo che sono un po' alterata e non so che tono potranno avere le mie parole quando usciranno. Così riesumo un'altra lezione, quella di quel tale che diceva che prima di rispondere ai figli, in questi casi, bisogna chiudersi in bagno, contare e imprecare fino a quando serve e poi cercare la risposta giusta.
Salgo al piano superiore e faccio un check up di come mi sento. Va bene, è giusto così, vuol dire che questa cosa ce l'aveva in serbo da un po'. Anche se, inutile negarlo, le palle mi girano. Rimango su, in attesa che succeda qualcosa, mando sms per chiedere sostegno al marito e alle amiche. Telefonata di soccorso, poi arriva lei.
"Mi dici cosa fa una VERA mamma secondo te?". Le chiedo con tono fermo ma tranquillo.
"Aiuta le bambine a fare i compiti". Già, si è visto. La logica non è il suo forte.
Sdrammatizzo con qualche scherzo e lei ride. Così siamo finalmente pronte per parlare a lungo di chi sia io e chi la vera mamma. Che poi sono la stessa cosa. E adesso lo pensa anche lei. Almeno fino alla prossima volta.

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