lunedì 17 settembre 2012

Maestra, lui mi copia...

La classe dei settimini prende forma piano piano. Coi colleghi ci chiediamo cosa sia successo da qualche anno a questa parte, in una comunità mediamente benestante e con un'istruzione familiare più alta della media dei comuni del territorio, per arrivare a una involuzione educativa di questa portata. Ora, è chiaro che un po' ovunque i ragazzini che arrivano in prima media, ogni anno che passa presentano caratteristiche via via meno adatte alla scuola che proponiamo. O meglio è la scuola che è sempre meno adatta a loro
Ma, ad esempio, dei compagni e amici di Mafalda, nessuno è tanto acciaccato dal punto di vista emotivo e cognitivo quanto i miei. O perlomeno se ci sono dei problemi sono riconducibili a un'evidente situazione di disagio sociale e familiare e si tratta di casi singoli. Certo, se vado in una scuola della profonda periferia milanese, trovo ragazzi che vengono a scuola con coltelli o sostanze, trovo bullismo, furti e aggressioni. E ci ho lavorato per anni.
Ma qui è un'altra cosa.
Quello che capita a noi è qualcosa di più sfuggente. I ragazzi sono ben educati, ben vestiti, i genitori super presentabili, ti inganni fino a che dai un'istruzione minima:
"Dividete il foglio in due, con una riga".
Panico.
"Così, maestra?"
"Non ho capito!"
"Cosa dobbiamo fare?"
Arrivano alla cattedra con il foglio in mano: "È giusto?"
Lo fai alla lavagna, tracciando una riga col gesso, chiedendoti come sia possibile che una banalissima riga su un foglio li mandi in crisi.
Poi osservi i pochi che hanno già (già!) finito, che si guardano intorno un po' perplessi e cominciano a chiedersi dove sono finiti.


Il problema è che sono piccoli, sempre più piccoli e io non so fare l'insegnante dei bambini piccoli. Sto imparando. E non so se mi piace.
Presumo che agli insegnanti del biennio capiti la stessa cosa.

Ma mi domando se ci sia un legame tra il benessere economico e un rallentamento della crescita dei bambini.
Credo che un fattore decisivo, oltre al generale impoverimento socioculturale, sia la disgregazione familiare, che in un territorio ricco è più diffusa, dato che dove ci sono pochi denari le coppie si separano meno.
È forse un'analisi superficiale, ma non trovo altre spiegazioni.
Bene, mi sono alleggerita del peso attraverso questo trattamento blogoterapico e posso guardare alla settimana con serenità, confidando presuntuosamente in qualche virtù taumaturgica residua.

8 commenti:

  1. Non so se sia superficiale, non ho strumenti per dirlo. Mi pare un'analisi, un bisogno di tirare una riga nel mezzo di un foglio, senza indugi, per capire. Sono in accordo. E in prima liceo nulla di diverso. Significa che niente di ripetuto sembra restare. E anche di questo non trovo spiegazioni, mmmhhh..

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    1. Una volta Pietropolli Charmet parlando di adolescenti li aveva definiti "semilavorati"... Mi aveva colpito, ma capire le ragioni di questo cambiamento ci aiuta? Prenderne atto e trovare strategie, questo è difficile.

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  2. ecco, la situazione che descrivi - dividete il foglio a metà per la lunga - è uno dei tanti motivi per cui ho chiesto il passaggio alle superiori: io non riesco (per carattere, per formazione) ad insegnare ad alunni così "piccoli" dentro - dio, che ansia quando corrono a frotte alla cattedra chiedendoti "va bene, prof?".

    sinceramente, non credo sia una questione di solidità famigliare intesa come solidità della coppia genitoriale, credo sia un discorso più complesso (e più volte, sul mi blog, ne ho parlato in modo più o meno approfondito): in sostanza, penso che, talvolta, i figli di famiglie meno agiate debbano imparare ad arrangiarsi, a cavarsela da soli, mentre i figli di famiglie "bene" sono tenuti nella bambagia, al riparo da qualunque difficoltà, da qualunque sfida, al punto di non esser più in grado di fare praticamente nulla senza che qualcuno li guidi passo passo.

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    1. Il mio era più che altro uno sfogo, un cercar conforto, oltre che risposte.
      È vero quello che dici circa la mancanza di abitudine a cavarsela, ma questo vale per molti, trasversalmente ai ceti sociali differenti. C'è qualcosa di più, un essere proprio persi, senza bussola, incapaci di autocontrollo, di stare attenti, di esprimersi e ascoltare. C'è molto altro oltre la famiglia, la tv, i videogiochi, la rete e una serie di apprendimenti a cascata ma sconclusionati.

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  3. mi infilo anch'io, mamma di uno di terza media e di uno di seconda elementare in scuole "del centro storico", con ragazzini di famiglie benestanti. non credo c'entri la disgregazione familiare (anzi, per quel che vedo col Mio Grande, in quei casi, son costretti a crescere più in fretta), quanto, piuttosto, la bambagia di cui parla nocciolina. ti faccio un esempio: a metà dello scorso anno scolastico, tre ragazzini, amici del Mio Grande, iniziarono a comportarsi da bulli con la supplente di musica. pesantemente da bulli. gli altri prof corsero ai ripari, chiamando i genitori dei tre a rapporto. bene, la mamma di Hitler, medico, separata, uscì in pianti, dicendo: "mio figlio è un terrorista" e caricandosi (forse a ragione, eh!) di sensi di colpa perchè lo lascia troppo spesso a casa da solo. le mamme degli altri due, casalinghe molto benestanti, invece, riversarono la colpa sui professori, sulla supplente, in quel caso, che non sapeva stimolare a sufficienza l'intelligenza "vivace" dei loro figli. hanno cambiato scuola tutti e due, adesso, finendo alle private.
    per questo, dico, non credo c'entrino i rapporti tra genitori. quello che conta, invece, è il rapporto con i figli, la volontà di iperproteggerli, per amore distorto o per comodità.
    ma ti/vi compatisco...

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    1. Sì, hai ragione. Anche se, quando parlo di disgregazione,intendo la mancanza di figure di riferimento, cosa che quando i genitori sono assenti, anche se vivono entrambi in casa, si sente.
      Ma quello che noto è che spesso non è il lato disciplinare quanto quello cognitivo a risentirne. Molti sono i genitori che non riconoscono gli errori dei figli e sono presenti in tutte le categorie sociali presenti. Comunque è vero che generalizzare è sempre sbagliato.

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  4. verissimo!! i nostri figli, troppo spesso, "non sbagliano mai"!

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  5. Il commento di Yogini sul bullismo dei figli dei ricchi (semplifico) - che è, strutturalmente, il doppio simmetrico del caso da te descritto - mi serve per agganciare la mia riflessione.
    Secondo me non è detto che sia questione di famiglia (per quel che vale - al biennio mi è capitato, eccome, di trovarne ancora sperduti, ma di solito sono i figli dei poveri, quelli che si arrangiano ma proprio per quello hanno bypassato da mo', nel senso che sembra loro pretestuoso, il problema di dividere il foglio a metà), sia nel senso di classe, sia nel senso di più o meno tradizionale/allargata/disgregata.
    Complessivamente, gli adolescenti sono fragili, sempre. E le medie (e ancora il biennio) è un'età in cui il loro grado di sviluppo emo-psico-fisico è molto diverso. Io credo che ci siano classi (o almeno è quello che è capitato a me) in cui questo elemento viene coperto perché la maggioranza è già 'più grande', più avanti, in qualche modo. E dunque la crescita dalle fragilità non avviene col capobranco, ma col gruppo (e poi il rischio è di trovarsi classi bulle perché troppo grandi). E classi in cui questo elemento di fragilità viene maggiormente allo scoperto perché la classe è più bambina nella maggioranza, e dunque sono loro a dare il tono, comunque, del coro. A quel punto la classe avrà altre questioni da risolvere (soprattutto quella di mancanza di sicurezza, e dunque di leadership e di eccesso di affidamento al capobranco). Però è composta da individui maggiormente senza pelle. O che in ogni caso non si vergognano a mostrarsi anche agli adulti - spesso perché li aiutino - in quella loro translucida nudità.

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