domenica 21 ottobre 2012

Stock und karotte

Le due ragazze, ormai quasi trentenni, si conoscono dall'asilo. Lui è il marito di una delle due, e per lui l'altra ha avuto una breve cotta in passato, che non ha mai osato confessare forse nemmeno a se stessa. Ma questo non è rilevante.
I tre passeggiano sotto un cielo grigio per i vialetti anonimi ma ordinatissimi di una cittadina tedesca, dove la coppia si è trasferita ormai da qualche anno per dare modo a lui di imboccare una promettente strada professionale. Due cervelli in fuga ante litteram.
Lei, per il  momento moglie al seguito e ormai mamma, si sta dando da fare per trovare una sua prospettiva, ad esempio insegnare italiano ai tedeschi. Anche lei ha un laurea scientifica che in Italia le avrebbe offerto più di una chance (forse, ma forse). Ma si sa che, almeno da noi, le esigenze professionali del marito hanno la precedenza.
Si chiacchiera del più e del meno, si parla come sempre dei guai dell'Italia e di come ci vedono i tedeschi.
Gli italiani ancora non si devono vergognare di avere un ridicolo capo di governo, oppresso da scandali personali di cui parla tutta l'Europa e la maggioranza dei tedeschi ignora che sta per abbattersi su di loro un terremoto epocale e che toccherà fare sacrifici per fare posto ai compatrioti provenienti da est.
Le due amiche si vedono di rado e così quando si ritrovano hanno un sacco di cose su cui confrontarsi. Quella che è rimasta in Italia ha deciso, o ha lasciato decidere al fato, di lavorare nella scuola. L'altra, sebbene abbia fatto studi che di solito portano lontano dall'insegnamento, ha sempre avuto interesse per l'insegnamento e per i temi connessi.
La scuola è un mondo che tutti conoscono e che tutti, a parte quelli che ci lavorano, vedono solo con gli occhi della memoria. L'unica fra i tre che nuota in quel mare sta iniziando ora a considerarsi a tutti gli effetti una lavoratrice della scuola, anche se a singhiozzo. Parlando coi due amici capisce che affrontare l'argomento con gli "estranei" è quantomeno frustrante. C'è qualcosa di irrimediabilmente negativo e allo stesso tempo inconfutabile nell'opinione diffusa sull'insegnante, come di lavoratore a mezzo servizio.
Come si fa a considerare impegnativo un lavoro che porta via una parte tanto esigua di tempo, come 18 ore settimanali? Come si fa a considerare basso lo stipendio portato a casa con tanto poco lavoro? Lei prova a difendere le sue ragioni, sostenendo che le ore trascorse in classe sono solo una parte del lavoro.
Le piacerebbe lavorare a scuola, magari avere un ufficio suo e timbrare il cartellino. Certo ha più libertà, ad esempio può decidere di fare qualcos'altro un pomeriggio, ma sa che dovrà recuperare sabato e domenica.
Per quanto riguarda il denaro, la scelta compiuta in Italia tanto tempo prima di equiparare il compito dei docenti a una funzione pubblica qualsiasi, come un impiegato dell'anagrafe con qualche anno di carriera, le sembra deleteria. Ma, d'altra parte, se pensa a qualche collega, il suo stipendio le pare fin troppo lauto.

Passano gli anni, quando la coppia viene in Italia si trovano per fare grandi chiacchierate, anche se riescono a vedersi sempre meno. I figli crescono e frequentano la scuola tedesca, che mostra le sue pecche.
E così, al confronto, quella italiana riacquista una qualche credibilità. Il figlio, che adesso ha 11 anni, è alle prese con la difficile scelta del canale formativo da imboccare. In Germania le strade si dividono molto precocemente (come succedeva da noi prima dell'introduzione della scuola media unica) secondo un modello che uno dei futuri illuminati ministri vorrà introdurre, per fortuna senza successo, anche in Italia.

La scuola in Germania, almeno nel Land dove stanno loro, ha insegnanti che spesso si assentano e i ragazzi stanno soli in classe.
- Come mai? chiede l'amica italiana.
- Fanno continuamente corsi di aggiornamento.
- Ah! In orario?
- Certo! Oppure ci sono le uscite didattiche.
- Va bene, ma non c'è un supplente?
- No, da noi i supplenti non esistono.
- Toh! Noi i corsi li facciamo fuori orario e spesso li paghiamo pure.


Passano altri anni. L'amica tedesca è in crisi con il suo lavoro di ricercatrice per un'azienda privata che lavora per l'università. Ha un contratto a tempo determinato da tantissimo tempo, che si rinnova ogni 5 anni, ma teme che l'anno prossimo non glielo rinnoveranno.
In Germania le cose a scuola non vanno molto bene, la figlia frequenta la scuola media e lei si lamenta perché le pare che facciano poco. E il problema delle ore buche non è finito, anzi pare che ora per ovviare chiedano ai genitori di dare la disponibilità del proprio tempo.
L'amica italiana è quanto meno perplessa. Figurati se succedesse qui una cosa simile.

Quando altri anni sono passati e ha definitivamente perso il lavoro, l'amica tedesca è tentata di fare domanda per insegnare. Lassù evidentemente è più facile, se hai i titoli. Avrà una specie di contratto temporaneo per l'insegnamento della matematica, almeno fino a quando non troverà di nuovo impiego come ricercatrice.

In Italia il nuovo ministro dell'istruzione si sta molto impegnando nella diffusione dell'idea, già abbastanza radicata nelle persone, che gli insegnanti italiani siano degli sfaticati oltre che lamentosi e che certamente lavorano molto meno dei colleghi europei. Inoltre sono troppi, troppissimi. Bisogna cacciarne via un po', così si potranno pagare meglio quelli bravi che rimangono. Colpa del Sessantotto, che ha introdotto il sei politico. Invece ci vuole un sistema meritocratico.
Un altro tipetto basso che fa pure lui il ministro arriva a dire che i docenti sono dei lavoratori part time e che prendono fin troppi soldi.
Ma nel suo piccolo l'amica italiana ha ora l'occasione di fare un confronto. Quando sente l'amica tedesca le fa la ovvia domanda.
- Ma in Germania quante ore lavorate alla settimana?
- Mah... nominalmente più che in Italia, però alla fine dei conti in classe sono 20 ore.
- Come, a noi non fanno altro che dirci che lavorano tutti di più...

Ma ormai è così, nel caos sovrano anche i dati e i numeri vengono frullati e serviti alla bisogna di chi possiede l'informazione, che poi è lo stesso che governa.
 
Negli anni l'argomento è diventato di quelli che fanno audience. Specie con questo nuovo ministro, se ne parla molto, spesso con grandi inesattezze ed è sempre più difficile fare ragionamenti lucidi.
L'amica italiana vive con disagio la nuova condizione della categoria, che si trova spesso nell'occhio del ciclone. Sono tempi agitati, di malcontento e protesta. Ovunque, e nelle scuole ancora di più, c'è anche smarrimento e non sono più i tempi delle certezze.
E le cose non migliorano certo, anzi peggiorano. La ministra a un bel momento viene spazzata via con il suo governo.
Le due amiche è un bel po' che non si vedono, nel lungo tempo della crisi non hanno più parlato né della agognata fine del governo peggiore che quelli della loro età hanno vissuto, né della cancelliera né della sua ammirazione per il nuovo primo ministro italiano. Di sicuro i due italo-teutoni sono felici di non doversi più vergognare con i colleghi e di non dover più subire umilianti gag televisive sulla, nonostante tutto, amata patria.

Dal canto suo, l'amica italiana dopo una brevissima stagione di sollievo e quasi di speranza vede di nuovo un futuro a tinte fosche. Dall'interno della sua scuoletta, si difende con il lavoro dalle intemperie, dimentica tutto e si chiude in classe, sapendo che tanto giusto non è.
Si illude che se le faranno fare 24 ore a scuola ci sarà posto anche per l'aggiornamento, che ci sarà più tempo per la programmazione e per il lavoro in classe, magari perfino le compresenze.
Ma sa che non sarà così, sa che la cura che ora pone a ciascuno dei suoi alunni presto non avrà più modo di essere, perché il numero di quegli alunni raddoppierà.
Fino a non molto tempo fa le era parso addirittura che il ministro di quel nuovo governo non fosse poi tanto male. Ora che arriva il bastone e della carota si sono perse le tracce, sa che si è sbagliata... e di grosso.







4 commenti:

  1. La proposta che ci è stata fatta è ignobile e illegittima, perché non si può dal punto di vista morale e - ciò che più importa - del diritto del lavoro. E come tale deve essere respinta come indegna di essere presa in considerazione.
    Sul resto, concordo, ma con alcune puntualizzazioni. La prima è che - ma lo sai anche tu - diffido sempre un po' dai confronti ad spannam, basati sulla statistica personale. In quale land sta la tua amica, quale tipo di scuola? Io potrei portare alcuni esempi, sicuramente di Berlino, e poi di Monaco, di andamenti molto diversi nella scuola tedesca. Poi, secondo me bisogna tentare di confrontare grandezze omogenee. Quante ore "nominalmente" hanno gli insegnanti tedeschi? Quante gli italiani? Oppure, viceversa, confrontare fatto con fatto. Anche noi "nominalmente" abbiamo la funzione docente, ma nei fatti abbiamo più di metà classe docente che l'ha presa (per davvero) come un part-time. Terzo, e più importante: chi ha aperto la strada alle 24 ore? La risposta è semplice: noi, con il CCNL, da parecchi, parecchi anni. Infatti, purtroppo il CCNL negoziato prevede da anni che fino a 6 ore le residue di Istituto possano essere coperte da insegnanti interni di ruolo (con aumento di stipendio). Questo rende molto poco appuntita l'arma retorica del dire "Non si può fare, lavoreremo peggio", dal momento che, come categoria (stupidamente, aggiungo io, ma tant'è, io non faccio la sindacalista di professione, a contrattare non c'ero io e negli anni Ottanta a scuola ci stavo da un altro lato), lo abbiamo accettato venti anni fa. Insomma, purtroppo dal punto di vista del diritto che quelle ore potessero essere fatte lo abbiamo accettato 20 anni fa sottoscrivendo un CCNL che consentiva già di farlo (anche se, viceversa, il fatto che comportasse l'aumento di stipendio già tutela, again, dal punto di vista del diritto). Possiamo fare finta che non sia vero, ma resta un dato di fatto con cui scontrarsi per costruire una strategia di opposizione che sia concreta e abbia successo. Invece a livello sindacale questo è stato detto per ora molto poco: perché si sta facendo una battaglia di principio su "non si può lavorare 24 ore", a difesa dei precari prima ancora che a difesa della Costituzione. E questo spezza la punta alle armi, va da sé. Con il risultato che come sindacati si sta facendo passare il principio che un ministro può andare contro il diritto del lavoro pubblico e nessuno gli sputa in faccia un semplice, e definitivo, "non puoi, è illegittimo, la Consulta te lo boccia prima ancora che tu abbia finito di scrivere il provvedimento". A mio avviso la risposta avrebbe dovuto essere dall'inizio e solo a colpi di CCNL, diritto del lavoro, legge ed economia. Non è una proposta da discutere, è illegittima, oltre che umiliante e lo sanno perfettamente. Ma decidere di impostare la battaglia non in nome del diritto, ma in nome del precariato, ancora una volta, portare danni a tutti, precari in primis.

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  2. Tutto vero. I miei amici stanno nell'Hessen e dai loro racconti la scuola non deve essere messa benissimo. ma la mia storiella era un modo per dire che sono venti anni e oltre che si gira intorno alle questioni di cui parliamo. Un modo di raccontare il senso di sconcerto che da molto tempo mi pervade e la poca voglia che mi rimane di confrontarmi su queste tematiche. E anche un po' la solitudine, dato che non sono quasi mai d'accordo con l'opinione mainstream cioè, come dici tu, che non si può fare, che ci vessano, siamo vittime eccetera. Da una parte, mentre dall'altra c'è il "siete dei privilegiati, finitela di lamentarvi".
    Alla fine nessuno riesce a quantificare quanto si lavora qui perché non tutti si lavora allo stesso modo perché non ci sono standard minimi da rispettare, o almeno nessuno li controlla. E che una parte l'ha presa davvero come un part time è sotto gli occhi di tutti. Io mi sono sentita offesa alle parole di Brunetta, ma che si siano offesi certi altri mi ha fatto ridere.

    Vero quello che dici sul CCNL. I sindacati per anni non hanno fatto proposte serie per risolvere il problema del precariato, né per migliorare la qualità del lavoro nella scuola, puntando spesso solo a tenere pulito l'orticello del personale di ruolo, ad armare solo quelli che stanno a contare i minuti extra 80 ore (che c'è una commissione apposta per fare in modo che non si sfori, perché poi c'è chi fa casino...). Ci sono quelli che lamentano che non ci retribuiscono i 5 minuti prima della campana, che hanno le ore buche, che hanno i colloqui. Possono essere queste le piattaforme rivendicative? Io tendo a dire che sono a scuola tutte le mattine per un numero variabile di ore, di buchi non ne ho molti ma in quelli che ho faccio le cose che devo fare, siano fotocopie, ricevimenti, riunioni con il ds o altro.
    I sindacati sono quelli che perpetuano il sistema assurdo dell'appiattimento, che distribuiscono a pioggia il fondo incentivante, dal bidello al collaboratore del preside, con 5 euro. Che mi fanno arrabbiare perché alla fine tutti siamo uguali anche agli occhi dell'opinione pubblica, lavoratori a mezzo servizio e privilegiati.

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  3. Ciao, passo di qui per la prima volta. Non sono insegnante ma alcune cose le vedo lo stesso. Per esempio anche se ho una forte idolatria per la Germania sotto molti punti di vista, e lo dico avendoci lavorato anche se solo per breve tempo, vedo che i miei nipoti che ci vivono hanno una preparazione scolastica che fa ridere in confronto a quella italiana. Per dire, mio nipote che ha appena fatto la maturità e preso voti altissimi che gli permettono di entrare in qualsiasi università lui vorrà, non si è mai visto studiare. Che va bene essere geniali, ma ci credo anche un po' poco. e questo un po' mi dispiace, mi cade una parte di mito.

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  4. Ciao Pellons, benvenuta!
    Condivido l'idolatria per i crucchi. Sulla scuola, quello che riporto sono solo impressioni senza pretesa di oggettività, colte in chiacchiere volanti tra una visita e l'altra. I ragazzi in questione stanno ora facendo l'università in Inghilterra, entrambi futuri ingegneri. La mia amica mi ha sempre detto che di ammazzarsi di studio non era il caso.
    Per non parlare della Francia, parola di genitori di alunni francesi... Questo però non è per forza garanzia di qualità.
    Pare poi che i nostri studenti in qualsiasi scuola vadano in giro per il mondo, facciano un figurone. Ma anche questo fa parte della schizofrenia tutta italica, per cui noi siamo contemporaneamente i peggiori e i migliori in tutto.

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