sabato 30 marzo 2013

Se me lo dicevi prima

E l'era tardi, l'era tardi in quèla sera straca per disturba' la gent.
Posso dire che Enzo Jannacci sia stato il mio primo autore di riferimento. Ho un ricordo nitido di serate in cui, nell'angusta sala con il buffet dal ripiano di cristallo verde e la specchiera, risuonavano le note riprodotte sulle bobine del geloso, registrate dalla tv svizzera. Canzoni struggenti, surreali, ironiche, che sono entrate nel nostro lessico musicale familiare. Che mi hanno fatto amare quella Milano che non avevo conosciuto, che intuivo dai racconti di mio padre, quella che si attraversava in bici per andare in fabbrica al capo opposto della città, là 'ndue el Navili l'è puse negher. Che mi insegnavano la topografia cittadina, dall'Ortica a Rogoredo, dalla Breda a Baggio.
Mi piaceva, molto prima di leggere il Porta, ascoltare la lingua paterna diventare poesia.
In una frase riassumeva il tedio e la tristezza di certe domeniche in bianco e nero "zero a zero anche oggi sto Milan qua, sto Rivera che ormai non mi segna più". Rileggendone i testi, dopo tanto tempo, riaffiorano, vivi, ricordi, affetti e stati d'animo.
Molto più che canzoni, sono state formative, evocative e il fatto che a mio padre piacessero tanto mi rendeva più care quelle piccole storie di periferia. Poi è diventato famoso, ma io ero già grande.
Se ne è andato e adesso so che gli volevo bene.

4 commenti:

  1. La cosa più bella che ho letto su Jannacci. Canteremo tutti insieme qualche sua canzone stasera da Poldo.

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    1. Sarà emozionante sentirvi cantare in meneghino "gheva un vestidin culur de tra su".

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  2. emozionante... se è la prof che dirige l'orchestrina

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